COLPO DI STATO IN MYANMAR


Sono tempi molto movimentati e contestati in Myanmar (ex Birmania).

In seguito alle recenti elezioni vinte dalla Lega Nazionale per la Democrazia, capeggiata da  Aung San Suu Kyi, ci sono stati degli screzi e dei dibattiti con il partito rivale, il Partito dell’Unione della Solidarietà e dello Sviluppo, che dopo aver visto lo scarso risultato ottenuto alle elezioni con la conquista di pochi seggi, il generale delle forze armate ha accusato il partito vincitore di aver imbrogliato richiedendo alla Commissione nazionale di indagare e intervenire in maniera tempestiva, altrimenti l’esercito, che si sarebbe schierato proprio dalla parte del partito sconfitto, sarebbe intervenuto.

Cos’è successo

Non riscontrando però errori o brogli, la Commissione nazionale non ha posto interventi riguardo le elezioni, quindi l’esercito ha deciso di attuare un suo intervento nei confronti dello Stato: seppur avesse minacciato di prendere provvedimenti , nessuno avrebbe mai pensato ad un reale colpo di stato. Infatti le prime immagini di quanto accaduto nelle prime ore del rovesciamento del governo sono giunte da una lezione di fitness in diretta, che invece di svolgersi all’interno della palestra, a causa delle norme Covid era tenuta online, mentre l’istruttrice si trovava in una delle principali piazze dello Stato. Dietro ai suoi passi ginnici, passavano camion blindati e gip militari che oltrepassavo delle barricate poste a difesa del palazzo dove si trovava Aung San Suu Kyi (consigliera eletta) e il presidente Win Myint insieme ad altri funzionari che sono stati arrestati dai militari e in seguito deposti per farli succedere dal generale delle milizie del Myanmar  Min Aung Hlaing, il quale, in diretta televisiva, ha annunciato lo stato di emergenza e la conseguente presa al potere con la forza sua e dei suoi sottoposti per la durata di un anno e mezzo, fino alle nuove lezioni.

Le reazioni degli altri Paesi

Questo evento è ovviamente rimbalzato da una parte all’altra del mondo, suscitando diverse reazioni nei leader degli altri Paesi nel mondo. Su tutte spiccano le reazioni del neo eletto presidente degli Stati Uniti Joe Biden, che subito ha accusato i responsabili dell’accaduto di attacco alla transizione del governo e alla democrazia e minacciandoli con pesanti sanzioni. Ad appoggiare l’opinione degli USA ci sono anche Australia, Turchia e Regno Unito.

I Paesi più vicini invece, come Giappone, India, Indonesia, Malaysia  e Singapore, si sono pronunciati molto preoccupati per il colpo di stato e hanno invitato i militari occupanti al dialogo in cerca di una soluzione, mentre altri vicini come Cambogia, Filippine e Thailandia hanno preferito non esprimersi a riguardo, ritenendo la questione al di fuori delle loro competenze, quindi affermando come la soluzione avrebbero dovuto essere trovata internamente.

Perciò ci sono tre diverse posizioni nel mondo a riguardo: coloro che vorrebbero intervenire, coloro che vorrebbero dialogare e, infine, chi pensa “occhio non vede, cuore non duole”.

L’ONU, tramite le parole del segretario António Guterres, ha espresso tutto il suo disappunto per le azioni svolte dai militari e ha ribadito che la Lega Nazionale per la Democrazia aveva ottenuto un importante quanto onesto mandato per il Paese e che dovrebbe essere ripristinato il governo eletto.

La protesta e l’analogia cinematografica

Sicuramente i primi ad intervenire sono stati proprio gli stessi abitanti, che a dimostrazione della vittoria meritata dal partito di Aung San Suu Kyi, sono scesi nelle piazze a protestare contro il colpo di stato e a chiedere, anzi ad esigere, la scarcerazione dei loro rappresentanti politici. Simbolo della protesta, a fianco dei cartelloni e delle foto delle persone incarcerate, è stato un gesto preso in prestito dalla famosa trilogia degli  Hunger Games:  nei film, la rivolta è capitanata da un simbolo di ribellione e unione dei protestanti, un gesto che consiste nell’alzare una mano verso il cielo tirando su le tre dita centrali. Ecco, proprio questo gesto è stato imitato da tutti gli abitanti scesi a manifestare, i quali hanno lasciato intendere il loro disappunto. Con tale imitazione sono sicuramente riusciti ad attirare l’attenzione delle milizie, che oltre ad intervenire con la forza e hanno istituito la legge marziale in buona parte del Paese.

Il fatto è accaduto da poco e la ferita non solo è fresca, ma si sta allargando ogni giorno sempre di più, in maniera pericolosa. I militari locali, che dovrebbero essere i primi difensori  del Myanmar, lo tengono in ostaggio e il popolo si sta unendo con forza per far sentire la sua voce ancora più forte, che sta arrivando in tutto il mondo.

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